Duplicato informatico e notificabilità del decreto ingiuntivo via PEC

A seguito dell’entrata in vigore della L. 132/2015, che ha convertito con modificazioni il DL 83/2015, uno dei temi più dibattuti in ambito di Processo Civile Telematico, è stato senza dubbio quello delle notificazioni in proprio da parte dell’Avvocato.
In virtù – infatti – dell’inserimento del nuovo articolo 16undecies nel corpo del DL 179/2012, si ritiene impraticabile la notificazione delle classiche copie informatiche autenticate che, nell’arco di oltre un anno di applicazione del PCT, ci eravamo oramai abituati ad utilizzare.
Ciò, in virtù del chiaro dato letterale del comma 2 e del comma 3 dell’articolo appena citato:
2. Quando l’attestazione di conformità si riferisce ad una copia informatica, l’attestazione stessa è apposta nel medesimo documento informatico.
3. Nel caso previsto dal comma 2, l’attestazione di conformità può alternativamente essere apposta su un documento informatico separato e l’individuazione della copia cui si riferisce ha luogo esclusivamente secondo le modalità stabilite nelle specifiche tecniche del responsabile dei servizi telematici del ministero della giustizia; se la copia informatica è destinata alla notifica, l’attestazione di conformità è inserita nella relazione di notificazione.”
Quando, quindi, l’attestazione di conformità si riferisce ad una copia informatica destinata alla notifica, l’attestazione dovrà obbligatoriamente essere inserita in relata.
Posto altresì che la relata di notificazione, ex art. 3-bis comma 5 L. 53/1994, deve obbligatoriamente essere redatta in un documento separato, va da sé che l’attestazione de qua non potrà che trovar posto in un documento separato rispetto alla copia informatica e che, quindi, per poterla correttamente perfezionare non si potrà che attendere le “specifiche tecniche del responsabile dei servizi telematici del ministero della giustizia
La soluzione per procedere comunque alla notificazione via PEC di un atto giudiziario è però stata immediatamente suggerita dalla maggior parte degli studiosi del settore, ossia, notificare i duplicati informatici anziché le copie autenticate.
Come sappiamo, infatti, il duplicato informatico (definito dal CAD come “il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario”) altro non è se non un ulteriore originale rispetto a quello presente nel fascicolo informatico.
In ambito digitale, difatti, è assolutamente improprio parlare di originale e di copia posto che è possibile creare infiniti “originali” di uno stesso file, e quindi documenti che sono – rispetto a quello originario – del tutto identici in forma e contenuto.
Per tale ragione, onde evitare problematiche interpretative rispetto alle norme del nostro ordinamento, è stato coniato il termine “duplicato informatico”, identificando così una sorta di “copia” del tutto identica però al documento dal quale è stata estratta.
I duplicati informatici, ai sensi dell’art. 23bis, comma 1, “……. hanno lo stesso valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti………….”[1] e non necessiteranno quindi di alcuna attestazione di conformità.
Il problema della notificazione in proprio via PEC sembrerebbe, quindi, essere stato risolto “aggirando l’ostacolo” ma, in effetti, sono numerose le norme del nostro codice di rito che fanno riferimento al concetto di originale e a quello di copia conformo e, fra tutti, anche l’art. 643 c.p.c. che si occupa della notificazione del ricorso e del decreto ingiuntivo.[2]
L’articolo in parola prescrive: “L'originale del ricorso e del decreto rimane depositato in cancelleria Il ricorso e il decreto sono notificati per copia autentica a norma degli articoli 137 e seguenti. La notificazione determina la pendenza della lite” così – almeno letteralmente – stabilendo la necessità di notificare delle copie autenticate.
La questione va, però, analizzata alla luce di alcune riflessioni;
1)      L’analisi dell’art. 643 c.p.c. non può prescindere da un inquadramento storico giudico della norma che – con tutta evidenza – è stata pensata ed emanata in un momento nel quale il concetto di “duplicato informatico” non era ancora stato elaborato dal legislatore. Di conseguenza non potrà ragionevolmente sostenersi che la norma de qua sia stata così elaborata al fine di escludere aprioristicamente la notificabilità di ricorso e decreto ingiuntivo in forma di duplicato informatico.
2)      Il duplicato informatico riporta al suo interno non solo tutti gli elementi altresì presenti nella copia autentica, ma addirittura la firma digitale originale dell’Avvocato (per quanto riguarda il ricorso) e del Magistrato (per quanto riguarda il decreto) e sarà quindi – su un piano strettamente probatorio – assolutamente idoneo a garantire la corrispondenza del documento notificato rispetto a quello presente nel fascicolo informatico. Ricordiamoci, infatti, che la sottoscrizione digitale di un documento informatico rimane integra e valida sin quando lo stesso non viene modificato. Qualora, quindi, vi fosse stata una qualunque modificazione del documento in un momento successivo alla sottoscrizione da parte – rispettivamente – del Difensore e del Magistrato, lo stesso non passerebbe indenne il normale procedimento di verifica della sottoscrizione digitale.
Concludendo, ad avviso di chi scrive, l’art. 643 c.p.c. deve necessariamente essere letto alla luce dei nuovi strumenti giuridico/digitali che sono entrati a far parte del nostro ordinamento, e quindi non escludendo la notificabilità dei duplicati informatici estratti dal fascicolo del procedimento monitorio.
In ogni caso si continuano ad attendere le nuove specifiche tecniche DGSIA che - con tutta probabilità - dovrebbero essere promulgate nell'arco delle prossime settimane.





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